Per un vecchio esproprio che ha preso il via nel 2001, il Comune di Parma è stato condannato prima dal Consiglio di Stato, che ha evidenziato un “uso abusivo dello strumento processuale”, e ora anche dal Tar che ha pure disposto la trasmissione degli atti alla Procura Regionale della Corte dei Conti “in ragione della gravità della descritta condotta che ha determinato ulteriori oneri finanziari a carico dell’Amministrazione“. In sostanza, secondo i giudici, il Comune si sarebbe imbarcato in una lite temeraria, pertanto adesso dovrà rifondere non solo 3.000 euro oltre oneri di legge a titolo di spese legali agli ormai ex proprietari del terreno, ma dovrà anche pagare la sanzione pari al doppio del contributo unificato per aver resistito temerariamente in giudizio.
La questione è piuttosto complessa e prende il via nel 2001 con l’adozione del Piano regolatore che prevedeva la realizzazione della strada di collegamento tra la via Venezia e la via Magellano, con l’apposizione del vincolo dell’esproprio sui terreni edificabili di alcuni proprietari. Da quel momento è iniziato il braccio di ferro legale tra i proprietari dei terreni e l’amministrazione comunale, portato avanti anche sotto la gestione di Federico Pizzarotti.
La delibera di adozione del Prg veniva impugnata con ricorso straordinario al Presidente della Repubblica, accolto il 29 luglio 2009. Ma già il 5 maggio 2004 il Comune di Parma procedeva all’esproprio e i proprietari si vedevano costretti a ricorrere al Tar che dava loro ragione il 24 novembre 2010, anche in virtù dell’intervenuto annullamento della delibera di adozione del Prg. Il Tar con questa sentenza ha imposto al Comune di formulare la proposta risarcitoria alla controparte.
Ma in realtà in piazza Garibaldi qualcuno ha evidentemente fatto orecchie da mercante. Tanto che i proprietari espropriati sono stati costretti a tornare al Tar per chiedere l’ottemperanza della sentenza del 2010, ottenuta poi il 4 ottobre 2011. E nel 2013 arriva l’ulteriore sentenza dei giudici amministrativi che condanna il Comune di Parma a risarcire poco più di un milione di euro ai proprietari. Ma il braccio di ferro continua con il ricorso del Comune.
Ed è qui che accade qualcosa di strano. “Con atto del 29 gennaio 2014, il Comune di Parma – si legge nell’ultima sentenza del Tar – comunicava ai ricorrenti l’avvio del procedimento di acquisizione sanante ex art. 42 bis del d.P.R. n. 327/2001 e, all’esito della relativa fase istruttoria, con provvedimento n. 912 del 27 maggio 2014, disponeva l’acquisizione dei terreni dei ricorrenti al patrimonio comunale liquidando a titolo di indennizzo la somma omnicomprensiva di € 80.818,66″.
Ma come? Non c’era una sentenza che imponeva il pagamento di un milione di euro? E non si era detto che il terreno ormai non poteva più essere restituito ai proprietari perché trasformato dalle opere pubbliche nel frattempo realizzate? Tanto che il Tar ritiene ora quell’atto del 2014 “affetto da radicale ed insanabile nullità, in quanto ha un oggetto (acquisizione del fondo) che si è già prodotto” come già era stato stabilito nella sentenza del 2010.
Nel 2016, l’ennesimo ricorso del Comune è stato parzialmente accolto dal Consiglio di Stato per quanto concerne la parte risarcitoria. Non più un milione di euro, ma circa 490mila comprensivo del danno per gli 8 anni di occupazione del terreno.
Adesso il Tar ha quindi condannato il Comune al pagamento delle spese legali e anche della sanzione prevista per le liti cosiddette temerarie. E tutti gli atti della vicenda sono stati trasmessi alla Corte dei Conti per il danno subito dall’Amministrazione pubblica.