Nel carcere di Parma “i lavori per la costruzione del nuovo padiglione avevano visto l’avvio sul finire del 2013”, ma “dal 31 luglio 2014, con la mancata proroga delle funzioni del Commissario straordinario alle infrastrutture penitenziarie, c’è stato il blocco del cosiddetto Piano carceri”, e quindi nonostante ad aprile 2015 ci sia stata “la conferma che verranno portati a termine i lavori di ampliamento del penitenziario parmense”, ad oggi gli interventi sono ancora fermi. L’auspicio è allora che “i posti della nuova struttura vengano dedicati a ospitare spazi per l’ampliamento del Centro diagnostico terapeutico”.
A sollevare il caso è Desi Bruno, Garante regionale delle persone private della libertà personale della Regione Emilia-Romagna, che nei giorni scorsi ha effettuato una visita agli Istituti penitenziari di Parma per effettuare un sopralluogo nel circuito della Media sicurezza e incontrare per dei colloqui i ristretti.
Il carcere di Parma conta 585 detenuti, di cui 184 stranieri, con 451 condannati in via definitiva, di cui 98 ergastolani. 200 sono nel padiglione di Alta sicurezza, 70 nei reparti 41bis, di cui 7 ricoverati presso il Centro clinico, e 294 negli spazi di Media sicurezza. Altre 13 persone sono ricoverate nel Centro clinico. Solo nove gli ammessi al lavoro all’esterno, e sempre nove sono anche i detenuti semiliberi. “Nel recente periodo il numero delle presenze ha subito un sensibile aumento in linea con la tendenza nazionale”, sottolinea la figura di garanzia dell’Assemblea legislativa. La struttura infatti al 30 giugno 2016 avrebbe una capienza regolamentare di 486 posti.
Come ricorda la Garante, al Centro diagnostico terapeutico del carcere di Parma “è costante la totale copertura dei posti disponibili” e di conseguenza “un numero eccessivo di detenuti affetti da gravi patologie, in ragione dei posti limitati a disposizione, viene collocato nelle ordinarie sezionidetentive, ambienti ovviamente inidonei per una persona malata”, il tutto “nell’attesa, spesso lunga, che si liberi un posti, con la conseguenza quindi di criticità, a più riprese segnalate dalla Garante, e lamentate in maniera ricorrente da parte dei detenuti, soprattutto quelli con lunghe pene da scontare, legata alla promiscuità determinata dalla convivenza di persone sane e malate, checomporta un peggioramento delle condizioni di vita complessive”. Infatti, ribadisce, “risulta fondamentale per la tutela del diritto alla salute delle persone detenute che i trasferimenti e le assegnazioni per motivi sanitari, giustificati per assicurare cure più adeguate al detenuto rispetto al carcere di provenienza, intervengano solo previa valutazione dell’effettiva sostenibilità della presa in carico nel breve periodo”.
A conclusione della visita la Garante ha avuto un colloquio di confronto con il direttore della struttura, Carlo Berdini, che ha illustrato l’offerta trattamentale: in particolare è in fase avanzata il progetto, sostenuto dalla Fondazione Cariparma, per il finanziamento di attività che possano offrire una concreta possibilità di occupazione ai detenuti attraverso il coinvolgimento degli imprenditori e artigiani del territorio locale e nazionale che potranno utilizzare gli spazi e la forza lavoro del carcere della città ducale.
Tra i problemi riportati dai ristretti della media sicurezza, Bruno segnala “la limitata aerazione della cella, anche in ragione delle calde temperature, per l’impossibilità di apertura completa della finestra a causa della seconda branda” e “la problematica relativa all’acquisto di generi alimentari freschi dal sopravvitto”. Infatti, conclude la Garante, “manca l’indicazione del prezzo al kg, del peso effettivo del prodotto acquistato e non viene apposto lo scontrino fiscale”. Tra l’altro, conclude la Garante, “sul tema la Commissione ministeriale per le questioni penitenziarie aveva chiesto che venisse stabilito l’obbligo, al momento non esistente, di apporre lo scontrino fiscale a ciascuna richiesta del detenuto proprio al fine di operare il controllo sui prezzi praticati”.