Brexit la parola magica che ha provocato un terremoto finanziario, culturale ingenerando preoccupazione in coloro che avevano il sogno di un?Europa sempre unita. Abbiamo raccolto le dichiarazioni di importanti imprenditori per capire cosa accadrà “the day after” quando cioè si ricomincerà da zero senza la Gran Bretagna come partner
Barilla: “Non sono preoccupato è una grande opportunità”
«La prima cosa che ho pensato è questa: è un atto di straordinario coraggio del popolo inglese». Dagli Stati Uniti, dove si trova per lavoro, Guido Barilla commenta così, a caldo, il risultato del referendum che ha sancito l’uscita della Gran Bretagna dall’Unione Europea. La sua prima battuta è dunque forte, in buona parte anche controcorrente, e potrebbe sorprendere. Ma il presidente della Barilla spiega: «Ancora una volta gli inglesi dimostrano di essere un popolo rivoluzionario e di avere un senso di orgoglio di grande qualità. Non mi unisco a coloro che dicono che è un risultato determinato dalla pancia dell’Inghilterra, dagli elettori meno colti. È un ragionamento che rifiuto. Quando un Paese sceglie, non si può dire che ha vinto il Paese stupido su quello intelligente».
Anche su Cameron il commento di Guido Barilla può apparire in controtendenza: «Esce da questa vicenda come un uomo di qualità e personalità straordinarie e vede un altro aspetto: «Per me Cameron è un leader che ha rischiato per il suo popolo. Ha messo davanti ai propri interessi il rispetto per la democrazia. E così ha dato un messaggio straordinario».
Non condivide neppure l’opinione, molto diffusa, riguardo a conseguenze catastrofiche per l’economia britannica: «Può darsi che nel breve periodo gli effetti della Brexit siano tragici. Ma secondo me ancora una volta l’Inghilterra segnerà il passo della storia. E nel medio-lungo periodo troverà il modo di trasformare questa situazione in una opportunità. Non so come, ma credo che alla fine la Gran Bretagna ne uscirà più forte».
E noi? Che ne sarà dell’Unione Europea? «Questo voto dimostra che nella comunità europea ci sono molte cose da cambiare rapidamente; dimostra che il modello proposto fino ad oggi non ha funzionato. Ci sono troppe criticità nazionali che l’Unione non ha saputo gestire. Troppe sofferenze. L’Unione Europea non può più non tenerne conto».
È d’accordo sul fatto che ora potrebbe scattare il temuto “effetto domino”, una corsa a uscire dall’Europa. Preoccupato? «No. Un cittadino osserva i grandi fenomeni della storia sapendo che sono ineluttabili. E poi non sono preoccupato perché non è detto che per l’Europa la Brexit sia un male. Proprio perché la comunità europea sta fallendo il proprio percorso, questo choc dell’uscita della Gran Bretagna diventa una grande opportunità per cambiare passo. Se davvero si vuole un’Europa unita, questo è il momento di cambiare strategia. L’Europa non può essere solo un bureau di regole: deve piuttosto interpretare i grandi temi che le vengono proposti dall’economia e dalla società».
Le conseguenze per l’Europa non si possono prevedere ora, ma mi auguro che adesso non ci sia un effetto domino in altri Paesi», dice il presidente dell’Unione parmense degli industriali Alberto Figna. Per il quale quanto accaduto può comunque rappresentare un’occasione per l’Europa: «Va preso come un segnale, uno stimolo a fare di più e meglio». Uno scossone, insomma, che possa aiutare le istituzioni comunitarie a cambiare passo. «Mi auguro che la Brexit possa indurre l’Europa a porsi delle domande sulla propria politica di questi ultimi anni, che penso debba essere modificata e rimodulata. «La svalutazione della sterlina significa un po’ più di difficoltà per le nostre imprese che esportano nel Regno Unito, anche se c’è da dire che la loro manifattura incide sul Pil britannico solo per il 5% e quindi saranno obbligati a continuare a importare».
«Un grande passo indietro, un sogno che si interrompe». È amareggiato Giampaolo Dallara, presidente della Dallara automobili, per quanto deciso dai sudditi su Sua Maestà britannica. Amareggiato e anche preoccupato che il peggio debba ancora arrivare: «Certamente ci saranno altre spinte centrifughe, con il pericolo di una disintegrazione dell’Unione europea, o comunque che l’Unione si riduca a un nucleo molto ristretto. A questo punto tutto è possibile. Nulla è più scontato». Il problema maggiore è la regressione rispetto a un ideale che è anche un sogno: quello di tanti Paesi con le loro identità e le loro lingue, che riuscivano a guardare insieme ai problemi e a trovare una coesione, mentre ora c’è il rischio di un ritorno alla difesa degli interessi dei singoli Paesi».
«Temo che potranno esserci pesanti conseguenze per il futuro dell’Europa unita – commenta il presidente dell’Impresa Pizzarotti, Paolo Pizzarotti –. Le conseguenze le potremo valutare nelle prossime settimane, oggi è molto difficile capirne l’entità e le dimensioni, ma di certo il nostro Paese non è ben messo, per le sue debolezze strutturali, la burocrazia assurda e asfissiante, la continua litigiosità spesso incomprensibile della nostra classe politica. Però questa difficile situazione dovrà essere di sprone per il nostro Paese, per cercare un’integrazione vera con l’Europa, traendo spunto dagli errori e dalle incomprensioni passate. Il nostro sistema-Paese dovrà fare un grande sforzo collettivo per contribuire al rafforzamento dell’Europa unita, che altrimenti arriverebbe alla disgregazione in pochi anni».
Oltre al rischio disgregazione, Marco Ferrari, ceo di Next14, vede anche un pericolo ancora più serio: «Spero che fra dieci o vent’anni – osserva – non si debba rimpiangere questa nostra epoca dell’Europa unita. Non dimentichiamo che se i popoli sono meno uniti, la storia dell’Europa è una storia di guerra». Per questo è urgente che «l’Europa batta subito un colpo e diventi capace di mettere in campo quelle iniziative che finora non è riuscita a realizzare per farsi accettare dai popoli». E sulla Brexit osserva: «Se si analizza il voto, si vede che le fasce più anziane e arrabbiate della popolazione hanno deciso per il futuro dei giovani».
Fausto Ferretti Presidente dello scatolificio Sandra si allinea alle dichiarazioni di Guido Barilla cogliendo il lato opportunità. La Gran Bretagna con noi non ha mai avuto grandi scambi commerciali e questo potrebbe essere il momento giusto per creare qualcosa di diverso. Del resto gli inglesi sono maestri nel correre da soli e mettersi di traverso e perciò non sono sorpreso della Brexit