La Regione Emilia Romagna rivoluziona il regolamento per la concessione e anche per il mantenimento degli alloggi di Edilizia residenziale pubblica (Erp) e le novità potrebbero presto interessare anche gli inquilini di Parma. Innanzitutto “no” agli alloggi pubblici assegnati a vita, per evitare che continui ad abitarvi chi ha maturato redditi superiori o patrimoni ingenti e garantire l’ingresso a chi davvero ne ha bisogno. Una riforma che riguarda soprattutto le condizioni necessarie a mantenere il diritto a risiedere nell’alloggio pubblico assegnato, quindi gli inquilini attualmente presenti nelle case. Secondo una stima effettuata da Acer (Azienda casa Emilia-Romagna) attraverso le certificazioni Isee, negli alloggi pubblici si contano 126 nuclei con un valore della situazione patrimoniale superiore a 100mila euro, con i primi 15 che superano i 300mila euro.
Permanenza, si abbassa la soglia Isee
Si abbassa la soglia per mantenere il diritto di permanenza nell’alloggio: 24.016 euro di reddito Isee e 49.000 euro di reddito patrimoniale (rispetto all’attuale limite Isee di 34.308 euro, mentre non esistono limiti al patrimonio mobiliare). Naturalmente, chi supererà queste soglie non potrà più abitare negli alloggi Erp.
Si introduce quindi il tema della rotazione degli alloggi. Perché la casa pubblica non può essere, secondo la Regione, un diritto acquisito per tutta la vita, ma, invece, occorre sempre verificare il mantenimento dei requisiti. Anche perché i numeri dicono che sono 35mila in Emilia-Romagna le persone in lista d’attesa per una casa popolare, e il tasso di rotazione oggi è fermo allo 0,2%. In ogni caso, spetterà poi ai Comuni individuare nel proprio regolamento i casi per i quali è prevista la sospensione della decadenza del diritto di permanere nell’alloggio pubblico. La deroga potrà riguardare i nuclei ritenuti vulnerabili o fragili, a condizione che non superino di oltre il 20% (28.820 euro) il limite Isee o che non posseggano un patrimonio mobiliare superiore a 58.800 euro.
La sospensione potrà essere estesa anche ai nuclei che superano di poco (10%) il nuovo valore Isee di 24.016 e a quelli il cui patrimonio mobiliare, al netto della scala di equivalenza (parametro che fa riferimento al numeri dei componenti del nucleo familiare) supera per un massimo del 10% il limite di 49.000 euro.
Canone oggettivo
Si cambia anche per quanto riguarda il canone d’affitto. Per stabilirne l’entità, viene introdotto il canone oggettivo, che corrisponde a un sistema di calcolo più semplice e omogeneo fra tutti i territori regionali. Il canone oggettivo tiene conto di una serie di indicatori, quali la superficie netta dell’alloggio, alcune delle sue caratteristiche qualitative (livello del piano, dotazione di ascensore, cortile, giardino, terrazzo e anno di costruzione), l’ampiezza demografica del Comune di ubicazione dell’alloggio (fino a 10.000 abitanti, oltre 10.000, capoluogo di Provincia) e la zona (rurale o urbana), che determinano tre distinte fasce di canone (bassa, medio, alta).
Si conferma una “fascia di protezione” (7.500 euro) per le famiglie a basso reddito che potranno usufruire di una sorta di canone sociale determinato in base al solo reddito del nucleo. Al 31 dicembre 2014 i nuclei in tale fascia erano il 58% dei 51.258 che alloggiano nelle case popolari. Sono previste anche alcune agevolazioni per i nuclei familiari che, pur non rientrando nella fascia di protezione, hanno un reddito inferiore ai 17.154 euro, ai quali potrà essere concesso uno sconto sul canone di affitto fino al 35%.
Resta invece invariata la soglia per accedere agli alloggi pubblici (17.154 euro di Isee e 35.000 euro di patrimonio mobiliare). I nuovi limiti di reddito entreranno in vigore dopo l’approvazione da parte della Giunta regionale e la pubblicazione del provvedimento sul Bollettino ufficiale telematico della Regione Emilia-Romagna (Burert), mentre le nuove modalità di calcolo del canone di affitto verranno applicate a partire dal 1 gennaio 2017.
La situazione dell’Edilizia residenziale pubblica In Emilia-Romagna
In Emilia-Romagna il patrimonio di edilizia residenziale pubblica (Erp), gestito perlopiù dall’Acer, comprende attualmente oltre 55.000 alloggi, il 97% dei quali di proprietà dei Comuni. Le case occupate sono 51mila (92% del totale) e 2mila (3,6%) quelle pronte per essere assegnate perché non necessitano di alcun intervento di ristrutturazione. I nuclei familiari composti da una o più persone in lista di attesa per l’assegnazione di un alloggio Erp sono 35mila e ogni anno vengono assegnati meno di 3mila appartamenti. Attualmente nelle case popolari vivono 120mila persone, delle quali 87mila (73%) sono italiane, 2.446 comunitarie (2%), 30.200 extracomunitarie (25%). Marocco, Albania e Tunisia le cittadinanze più rappresentate tra gli stranieri. La classe di età più presente è quella degli ultra 65enni, circa il 25% (30mila); 24mila (20%) sono minorenni. I nuclei familiari sono 51.258, 19mila dei quali (37%) sono composti da una sola persona e 15mila (30%) da due persone.
La dichiarazione del vicepresidente Gualmini
“Finalmente dopo tanti anni in cui se ne parla, arriva al termine a una riforma completa e generale dei requisiti di entrata e uscita dalle case popolari – sottolinea la vicepresidente della Giunta e assessore al Welfare e alle politiche abitative, Elisabetta Gualmini -. Un nuovo insieme di regole molto chiare e trasparenti che nel medio-lungo periodo creeranno maggiore equità sociale e andranno incontro a chi ha veramente bisogno Si va nella direzione, che da sempre proponiamo, di un welfare temporaneo, dinamico e non per tutta la vita. Confermiamo che le case popolari sono occupate per il 95% da famiglie che ne hanno tutto il diritto e che dunque non ci sarà nessun trauma per chi presenta condizioni di difficoltà. Le persone molto anziane o con disabilità non verranno in nessun modo cacciate. I Comuni gestiranno la fase di transizione con scivoli e mitigazioni ad hoc. Ma, in prospettiva – prosegue Gualmini – il segnale che la Regione vuole dare è chiaro: chi oggi entra in una casa popolare non vi rimarrà per tutta la vita ma solo per il tempo corrispondente ad una situazione reddituale e patrimoniale che non può crescere oltre alcuni limiti precisi. In questo modo, forse, i 35 mila nuclei familiari in graduatoria potranno avere qualche speranza in più. Mi fa poi molto piacere – conclude la vicepresidente – che la riforma sia stata discussa e condivisa con tutti i soggetti del settore e firmata anche dalle organizzazioni sindacali e dai Comuni”.