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Il Tar di Parma: Poste Italiane prende soldi dallo Stato e quindi non può chiudere gli uffici di Torrile, Noceto, Langhirano e Mezzani

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Poste Italiane Spa è un’azienda privata ma non può fare proprio tutto quello che le pare. Soprattutto se si tratta di servizi essenziali per i cittadini, come gli uffici postali. Questa, in estrema sintesi, la motivazione che ha portato i giudici del Tar di Parma ad accogliere nel merito i ricorsi presentati dall’avvocato Andrea Maltoni per conto dei sindaci di Torrile, Noceto, Langhirano e Mezzani che, per conto dei rispettivi Comuni hanno contestato la chiusura di alcuni uffici postali periferici, decisa da Poste Italiane che li riteneva “improduttivi”.

La chiusura sarebbe dovuta scattare – come preannunciato in una nota di Poste Italiane del 1 luglio 2015, recapitata ai Comuni interessati dal provvedimento – dal 7 settembre 2015 per gli uffici postali di via Provinciale di Golese a Torrile, di via Isola a Costamezzana di Noceto, di piazza Losi a Pastorello di Langhirano, e di via Clemente Bondi a Mezzano Superiore. Chiusura scongiurata in un primo momento dalla sospensiva concessa dal Tribunale amministrativo e ora di fatto cancellata dalle sentenze che entrano nel merito del provvedimento. Stessa decisione anche per diversi altri uffici postali del Piacentino.

Nella sostanza, Poste Italiane rivendica il suo diritto a gestire il servizio in maniera produttiva, considerando anche il “taglio” al contributo statale previsto già nella Legge di stabilità 2015. Ma i giudici del Tar di Parma hanno ritenuto che non può essere proprio così.

“Circa il lamentato disequilibrio economico – scrivono infatti i giudici nella motivazione della loro decisione – deve rilevarsi che, come già anticipato, Poste fruisce di un contributo statale che trova causa nella necessità di assicurare il “servizio universale” anche in centri disagiati in relazione ai quali l’attività non consente una piena rimuneratività dei fattori produttivi impiegati, ma è proprio in ragione di ciò che un trasferimento di danaro pubblico ad un soggetto privato costituito in forma societaria e operante sul mercato trova giustificazione”.

Non solo: “Nel caso di specie, inoltre – continua il Tar di Parma – Poste non ha in ogni caso illustrato le ragioni di natura economico finanziaria assunte a presupposto della misura impugnata avendo motivato il provvedimento impugnato in maniera generica e stereotipata”.

Insomma, tanti o pochi che siano, i soldi pubblici li prendono e quindi i dirigenti di Poste Italiane devono assicurare il servizio a tutti i cittadini. E gli uffici, anche quelli più periferici, dunque, devono restare aperti. Per Poste Italiane Spa, infine, anche la condanna al pagamento delle spese di giudizio liquidate in 1.000 euro per ciascuna amministrazione comunale che ha chiesto l’intervento del Tar.

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