Sabato 28 maggio, alle ore 17.00, la Rocca Meli Lupi di Soragna (PR) ospita l’ultimo appuntamento con il ciclo di conferenze che approfondisce alcuni dei temi della mostra Giappone segreto, in corso fino al 5 giugno 2016, al Palazzo del Governatore di Parma.
Protagonista sarà il curatore dell’esposizione Marco Fagioli, tra i maggiori esperti di arte giapponese, che parlerà de La persistenza della tradizione. Dall’ukiyo-e alla Scuola di Yokohama.
L’incontro, organizzato dalla Fondazione Ada Ceschin e Rosanna Pilone di Zurigo, col patrocinio del Comune di Soragna, si tiene alla Rocca Meli Lupi per sottolineare il legame della rassegna con il mondo aristocratico di Enrico di Borbone, conte di Bardi, che tra il 1887 e il 1889 compì un lungo viaggio in Estremo Oriente, in compagnia della moglie, Adelgonda di Braganza.
Marco Fagioli è stato invitato a tenere la sua conferenza dal Principe Diofebo VI Meli Lupi, proprietario della rocca e Gran Cancelliere dell’Ordine Costantiniano che conserva, nella sua sede di Parma, le lettere di Adelgonda che hanno permesso di ricostruire le tappe del viaggio in Giappone.
La serata sarà anche l’occasione per tracciare un breve bilancio dell’esposizione e delle attività collaterali, in compagnia di Francesco Paolo Campione direttore del Museo delle Culture di Lugano e curatore della mostra, e di Paolo Gerini, presidente della Fondazione Ada Ceschin e Rosanna Pilone.
Nel corso del suo intervento, Marco Fagioli sottolineerà come nella storia della cultura letteraria e artistica del Giappone moderno ebbe particolare rilievo la cultura urbana composita che si sviluppò nei grandi centri di Edo (Tokyo) e Osaka, a partire dalla seconda metà del XVII secolo e fino al termine dell’epoca Meiji nel 1912. Espressione dei ceti di mercanti, artigiani, samurai senza padrone, monaci itineranti, cortigiane, attori del teatro kabuki e popolani, rispetto alla cultura aristocratica della corte imperiale di Kyoto e degli shogun, la cosiddetta chōnin-bunka si caratterizzò per una forma di maggiore realismo e aderenza ai fatti della vita sociale.
Conosciuta come ukiyo-e (lett. “pittura del mondo fluttuante”), questa cultura artistica si espresse principalmente nella xilografia e nella pittura, nella letteratura popolare e nel teatro kabuki. I suoi rappresentanti furono scrittori (Chikamatsu, Saikaku, Bakin, Kyoden,…) e grandi maestri della pittura come Moronobu, Shunchō, Kyonaga e Utamaro, per il genere della figura e, per quello del paesaggio, Hokusai e Hiroshighe, che ebbero grande influsso nella pittura espressionista europea.
L’ultima fase di tale periodo, dal 1850 alla fine del secolo, corrisponde all’arrivo e alla diffusione della fotografia in Giappone, prima con il dagherrotipo poi con la stampa all’albumina. In quella visione del paesaggio, della fotografia d’interni e del ritratto si sviluppò così una sorta di segreto sincretismo tra la xilografia ukiyo-e la fotografia all’albumina. Testimonianze eclatanti di questo influsso della stampa sulle fotografie sono le diverse vedute del Monte Fuji dalle stazioni della strada Tōkaidō, influenzate dalla celebre serie di Hokusai, e soggetti quali il ponte del giardino di glicini di Kameidō o il giardino di iris di Horikiri; nel genere della figura, molte delle foto d’interni con geisha della Scuola di Yokohama risentono delle composizioni analoghe nella pittura e nella xilografia.
Questo comune sincretismo tra cultura artistica tradizionale e fotografia terminò dunque con la fine dell’epoca Meiji, con l’avvento del Giappone contemporaneo, aperto all’influsso occidentale e con l’arrivo di modelli dell’art déco nella grafica, lasciando una produzione fotografica di livello esteticamente molto alto, rispetto agli standard occidentali nei medesimi generi, grazie a maestri quali Felice Beato, Adolfo Farsari, Raimund von Stillfried, Ueno Hikoma, Kusakabe Kimbei, Tamamura Kozaburo e molti altri. Tra il 1850 e il 1900, il mondo delle geisha e dei samurai rimase così consegnato a queste fotografie all’albumina.
Giappone segreto presenta 140 fotografie originali, autentici capolavori e vertice della fotografia nipponica, sviluppatasi tra il 1860 e il 1910. In questo periodo, infatti, il Giappone fu testimone di un insolito connubio tra la tecnica fotografica occidentale e la maestria dei pittori locali, eredi di un’antica e raffinata tradizione, capaci di applicare perfettamente il colore anche su minuscole superfici.
I risultati artistici furono di sorprendente bellezza e i soggetti rappresentati così verosimili da non riuscire a distinguerli dalle moderne immagini stampate a colori. La produzione di tali opere rispondeva alle esigenze dei viaggiatori occidentali – i cosiddetti globetrotter – di portare con sé il ricordo di un Paese straordinario, che la modernizzazione forzata del periodo Meiji (1869-1910) stava rapidamente trasformando in una nazione industriale.
La rassegna, curata da Francesco Paolo Campione, direttore del Museo delle Culture di Lugano, e Marco Fagioli, col patrocinio del Comune di Parma, è prodotta da GAmm Giunti, in collaborazione con il Museo delle Culture di Lugano e la Fondazione Ada Ceschin e Rosanna Pilone di Zurigo che ha voluto depositare a tempo indeterminato il suo patrimonio di opere d’arte giapponesi al Museo delle Culture di Lugano, affinché potesse essere messo a disposizione del mondo degli studi e dell’arte.