17 maggio – “Crepe” in teatro con Parma per gli Altri

17 maggio – “Crepe” in teatro con Parma per gli Altri

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“Crepe” è una parola che si ritorna più volte in una canzone di Leonard Cohen e che abbiamo preso a prestito per raccontare l’esperienza imprevista e spiazzante di essere visti con gli occhi degli altri – Forget your perfect offering / There is a crack, a crack in everything / That’s how the light gets in” – afferma Paola Salvini, presidente di Parma per gli Altri Ong. L’appuntamento è per martedì 17 maggio alle 18 presso il Teatro al Parco, l’ingresso è libero e ad offerta e il ricavato sarà devoluto alle attività dell’Associazione che, da oltre 20 anni, opera nel territorio etiope con progetti dedicati alle comunità locali con l’impegno permanente di tenere alta la sensibilità parmigiana ai temi più legati a Paesi che sembrano così lontani. Parma per gli Altri porta in scena “Crepe” uno spettacolo teatrale con  Francesca Beccani, Gaia De Luca, Marco Deriu, Pietro Pozzi, Alberto Superchi e Carlotta Varga, regia di Letizia Quintavalla, adattamento a cura di Marco Deriu e musiche, eseguite dal vivo, di Alessandro Nidi. Lo spettacolo è realizzato con la collaborazione di Paola Salvini e Liliana Superchi, infine Dario Andreoli per il supporto tecnico.

All’inizio c’è una ONG che aderisce ad un progetto di comunicazione sul tema dell’ascolto delle voci di migranti. Vengono condotte decine e decine di interviste da cui vengono estratte brevi frammenti per realizzare questo progetto. Ne nasce un volume che viene poi pubblicato col suggestivo titolo Sguardi stranieri sulla “nostra” città (a cura di Marco Deriu e Parma per gli Altri, Battei editore, 2015).

Parma per gli Altri sceglie quindi di chiamare di nuovo al confronto la città. Questa volta ci si rivolge a uno storico teatro e ad un’importante registra teatrale, Letizia Quintavalla, per costruire insieme un progetto espressivo e comunicativo rivolto a tutta Parma. L’obiettivo: mettere in discussione l’immagine che abbiamo costruito di noi stessi come cittadini, come italiani, come europei. La rappresentazione di noi stessi – alla luce dello sguardo dei migranti – non corrisponde alla realtà oggettiva. Così ci sono due notizie. La prima è che non siamo quello che pensiamo di essere. L’altra è forse che è meglio così. Come ha scritto Marie-Louise Von Franz “saremmo davvero molto poveri se fossimo soltanto quello che immaginiamo di essere”. Un progetto dentro a un processo in fieri di confronto tra “indigeni” e “immigrati”.

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