Prodotta e organizzata da Fondazione Carisbo, Genus Bononiae, Musei nella Città e Arthemisia Group, in collaborazione con il Comune di Bologna e il Whitney Museum of American Art di New York, continua a riscuotere grande successo la mostra dedicata a Edward Hopper. Una vasta esposizione – allestita a Palazzo Fava, in via Manzoni 2 a Bologna – che copre l’intera produzione dello straordinario artista statunitense, dagli acquerelli parigini ai paesaggi e scorci cittadini degli anni ‘50 e ’60, attraverso più di 60 opere, tra cui celebri capolavori come South Carolina Morning (1955), Second Story Sunlight(1960), New York Interior (1921), Le Bistro or The Wine Shop(1909), Summer Interior (1909) e interessantissimi studi (come lo studio per Girlie Show del 1941). Una vera e propria celebrazione della mano di Hopper, superbo disegnatore e un grande classico della pittura del Novecento. Un percorso espositivo che si apre con “Soir Bleu” del 1914, una tela di circa due metri dipinta a Parigi che invita a riflettere sulla solitudine della condizione umana.
L’esposizione è curata da Barbara Haskell – curatrice di dipinti e sculture del Whitney Museum of American Art – in collaborazione con Luca Beatrice. Il Whitney Museum ha ospitato varie mostre dell’artista, dalla prima nel 1920 al Whitney Studio Club a quelle memorabili del 1960, 1964 e 1980. Inoltre dal 1968, grazie al lascito della vedova Josephine, il Museo ospita tutta l’eredità dell’artista: oltre 3.000 opere tra dipinti, disegni e incisioni.
C’è chi lo ritiene un narratore di storie e chi, al contrario, l’unico che ha saputo fermare l’attimo – cristallizzato nel tempo – di un panorama, come di una persona. È stato lo stesso Edward Hopper (1882-1967) – il più popolare e noto artisti americano del XX secolo – uomo schivo e taciturno, amante degli orizzonti di mare e della luce chiara del suo grande studio, a chiarire la sua poetica: “Se potessi dirlo a parole, non ci sarebbe alcun motivo per dipingere”.
“Malinconia, lunghi silenzi, sospensioni metatemporali, sguardi interiori che si rivolgono a luoghi lontani, melancolia dai profili offuscati, un senso di indefinita tristezza scaturita e al contempo ribaltata sulle realtà a lui circostante ciò che Hopper immortala nelle 160 opere in esposizione”, scrive tra l’altro la giornalista Silvia Dello Russo.
Hopper ha ispirato anche il grande cinema, quello d’autore: nel Psyco di Hitchcock, girato nel 1960, l’inquietante casa di Norman Bates è ispirata a “Casa vicino alla ferrovia” dipinta nel 1925.
Nato e cresciuto a Nyack – una piccola cittadina nello Stato di New York – Hopper studia per un breve periodo illustrazione e poi pittura alla New York School of Art con i leggendari maestri William Merritt Chase e Robert Henri. Si reca in Europa tre volte (dal 1906 al 1907, nel 1909 e nel 1910) e soprattutto le esperienze parigine lasciano in lui un segno indelebile, alimentando quel sentimento francofilo che non lo avrebbe mai abbandonato, anche dopo essersi stabilito definitivamente a New York, dal 1913.
Alto un metro e novanta, nonostante la forte presenza fisica, era famoso per la sua reticenza, scriveva o parlava pochissimo del suo lavoro. Scomparso all’età di ottantaquattro anni, la sua arte gode della stima della critica e del pubblico nel corso di tutta la carriera, nonostante il successo dei nuovi movimenti d’avanguardia, dal Surrealismo all’Espressionismo astratto, alla Pop art.
Nel 1948 la rivista Look lo nomina uno dei migliori pittori americani; nel 1950 il Whitney Museum organizza un’importante retrospettiva su di lui e nel 1956 il Timegli dedica la copertina. Nel 1967, l’anno della sua morte, rappresenta gli Stati Uniti alla prestigiosa Biennale di San Paolo. Da allora, l’opera di Hopper è stata celebrata in diverse mostre e ha ispirato innumerevoli pittori, poeti e registi. Eloquente il tributo del grande John Updike che in un saggio del 1995, definisce i suoi quadri “calmi, silenti, stoici, luminosi, classici”.
La mostra monografica su Edward Hopper a quasi mezzo secolo della sua scomparsa è un’occasione unica per ammirare la sua produzione riunita. L’esposizione è in corso a Palazzo Fava (via Manzoni 2 a Bologna, telefono 051 199 36 317) fino al 24 luglio 2016. Potrà essere visitata da lunedì a domenica dalle 10 alle 20. Il biglietto intero costa 13 euro, quello ridotto 11 euro (in entrambi i casi è inclusa l’audioguida).