Coldiretti e Nas in Europa a caccia del falso made in Italy....

Coldiretti e Nas in Europa a caccia del falso made in Italy. Mobilitazione dei coltivatori a Bologna

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internoCon 8 miliardi di falsi prodotti agroalimentari che si rifanno all’enogastronomia regionale, l’Emilia Romagna ha il primato delle imitazioni a tavola del made in Italy, che nel mondo valgono 60 miliardi. E’ quanto emerso alla mobilitazione di oltre settemila agricoltori di Coldiretti intervenuti in difesa del made in Italy dentro e fuori il Paladozza di Bologna, capoluogo della regione che con 43 prodotti Dop e Igp che valgono circa 3 miliardi di euro ha il primato italiano delle specialità a denominazione d’origine riconosciute dall’Unione Europea.

Alla mobilitazione ha partecipato la giunta nazionale di Coldiretti, guidata dal presidente nazionale Roberto Moncalvo e dal vicepresidente nazionale e presidente di Coldiretti regionale Mauro Tonello. Alla manifestazione hanno partecipato rappresentanti del Governo nazionale, con il ministro delle Politiche agricole Maurizio Martina e quello dell’Ambiente Gian Luca Galletti, del Governo regionale, con il presidente Stefano Bonaccini, il sindaco di Bologna Virginio Merola e l’eurodeputato Paolo De Castro. Bonaccini e De Castro all’incontro hanno sottoscritto anche l’impegno a sostenere in Emilia Romagna e in Europa l’etichettatura d’origine obbligatoria per tutti gli alimenti, a partire dal latte e i suoi derivati. A Bologna anche una nutrita rappresentanza di Coldiretti Parma, guidata dal neo presidente Luca Cotti che ha anche avuto l’opportunità di interloquire con il ministro Martina sui temi dell’agricoltura parmense.

cotti 1 bologna 28 aprile

All’esterno del Paladozza è stato riprodotto un grande supermercato con corsie distinte per capitale europea dove sono stati esposti gli inganni nei confronti dei consumatori europei determinati dall’uso di immagini, parole e tricolore che richiamano impropriamente alla qualità del Made in Italy che sono l’obiettivo dei Carabinieri dei Nas che per la prima volta in collaborazione con la Coldiretti sono andati all’estero per verificare cosa viene venduto come “italiano”, grazie ad un progetto dell’Europol. E’ anche stata apparecchiata una grande tavolata su come sono modificate grossolanamente all’estero le ricette nazionali più tipiche, alcune delle quali riguardanti proprio l’Emilia Romagna, come i Kapeleti e la Mortadela sloveni, il Parmezali rumeno, fino ad arrivare a piatti pronti inesistenti come gli “Spaghetti alla Bolognese” con una improbabile salsa al pomodoro e polpette di carne. Il tutto è finito nel dossier “Cosa mangiano di italiano in Europa”.

Se nessun italiano si sognerebbe di comprare simili prodotti – commenta Coldiretti Emilia Romagna – non è così per i consumatori esteri che vengono attirati dall’immagine di italianità ad essi collegati, fornendo alle aziende produttrici un vantaggio competitivo perché associano indebitamente ai propri prodotti l’immagine del made in Italy apprezzata dai consumatori stranieri nonostante il prodotto che essi acquistano non abbia alcun legame con il sistema produttivo italiano, facendo concorrenza sleale nei confronti dei produttori nazionali impegnati a garantire standard elevati di qualità.

“Bisogna combattere un inganno globale per i consumatori che causa danni economici e di immagine alla produzione italiana sul piano internazionale – ha detto il presidente regionale di Coldiretti, Mauro Tonello – per questo occorre fare chiarezza a livello nazionale ed europeo estendendo a tutti i prodotti l’obbligo di indicare in etichetta l’origine dei prodotti alimentari, compresa la materia prima utilizzata nei trasformati e nei piatti pronti”.

Dalla lotta alla contraffazione e alla falsificazione dei prodotti alimentari italiani di qualità potrebbero nascere trecentomila nuovi posti di lavoro. E’ quanto denuncia il Dossier Coldiretti che ha collaborato alla “task force” dei Carabinieri dei Nas all’estero. I prodotti emilianoromagnoli sono stati determinanti nel consentire all’Italia di raggiungere nel 2015 il record storico delle esportazioni agroalimentari di 36,8 miliardi, un valore che è praticamente raddoppiato negli ultimi dieci anni (+74%). A trainare – sottolinea la Coldiretti – è soprattutto il vino che fa registrare un aumento dell’80 per cento nel decennio per raggiungere nel 2015 un valore delle esportazioni di 5,4 miliardi che lo colloca al primo posto tra i prodotti della tavola Made in Italy all’estero. Al secondo posto – precisa la Coldiretti – si posiziona l’ortofrutta fresca con un valore stimato in 4,4 miliardi nel 2015, ma con una crescita ridotta e pari al 55%, mentre al terzo posto sul podio sale la pasta che raggiunge i 2,4 miliardi per effetto di una crescita del 82% nel decennio. Nella top five ci sono anche – continua la Coldiretti – i formaggi che hanno raggiunto un export stimato a 2,3 miliardi con un balzo del 95% in dieci anni, mentre la classica “pummarola” fa salire la voce pomodori trasformati a 1,5 miliardi (+88% nel decennio). A determinare l’ottima performance dell’agroalimentare italiano sono stati però anche – precisa la Coldiretti – l’olio di oliva che è aumentato del 24% nel periodo considerato per raggiungere 1,4 miliardi a pari merito con i salumi.

Circa un prodotto alimentare italiano esportato su cinque – sottolinea la Coldiretti – è “Doc” con il valore delle esportazioni realizzato grazie a specialità a denominazione di origine, dai vini ai formaggi, dalle conserve all’olio fino ai salumi, che rappresenta il 20% del totale.

“Con i prodotti originali sono però aumentate sui mercati esteri anche le imitazioni con l’agropirateria internazionale che fattura sul falso Made in Italy a tavola 60 miliardi di euro nel mondo, quasi il doppio dei prodotti originali”, ha denunciato Moncalvo nel sottolineare l’importanza di un’azione più decisa dentro e fuori l’Europa.

In testa alla classifica dei prodotti più taroccati – rileva la Coldiretti – ci sono i formaggi a partire dal Parmigiano Reggiano e dal Grana Padano, ma anche il Provolone, il Gorgonzola, il Pecorino Romano, l’Asiago o la Fontina. Poi ci sono i nostri salumi più prestigiosi dal Parma al San Daniele che spesso “clonati”, ma anche gli extravergine di oliva, le conserve e gli ortofrutticoli come il pomodoro San Marzano. Se gli Stati Uniti sono i “leader” della falsificazione, le imitazioni dei formaggi italiani sono molto diffuse dall’Australia al Sud America, ma anche sul mercato europeo.

A questa realtà però – conclude la Coldiretti – se ne aggiunge una ancora più insidiosa: quella dell’italian sounding di matrice italiana, che importa materia prima dai Paesi più svariati, la trasforma e ne ricava prodotti che successivamente vende come italiani senza lasciare traccia, attraverso un meccanismo di dumping che danneggia e incrina il vero Made in Italy, perché non esiste ancora per tutti gli alimenti l‘obbligo di indicare la provenienza in etichetta.

Tre italiani su quattro, inoltre, restano delusi dai piatti “italiani” serviti all’estero dove vengono portate in tavola le più bizzarre versioni delle ricette tradizionali, come l’abitudine belga di usare la panna al posto del pecorino nella carbonara, quella tedesca di impiegare l’olio di semi nella cotoletta alla milanese, quella olandese di non usare il mascarpone nel tiramisù, fino agli inglesi che vanno pazzi per gli spaghetti alla bolognese che sono del tutto sconosciuti nella città emiliana. Una variante molto diffusa spacciata come tricolore è anche la ‘Pasta with Meatballs’, pasta con le polpette che nessun italiano servirebbe a tavola.

Tra le specialità più “tradite” ci sono anche – sottolinea la Coldiretti – la pasta al pesto proposta con mandorle, noci o pistacchi al posto dei pinoli e con il formaggio comune che sostituisce l’immancabile parmigiano reggiano e il pecorino romano. Una offesa che si vuole combattere con la candidatura del pesto alla genovese a patrimonio immateriale dell’umanità per tutelare una tradizione conservata nel tempo da intere generazioni che deve rappresentare anche una difesa nei confronti delle troppe imitazioni, a tutela del basilico genovese a denominazione di origine (Dop). Nella ricetta tradizionale della costoletta alla milanese invece – continua la Coldiretti – non possono mancare oltre alla costola di vitello battuta, il pane grattugiato grosso, le uova, il burro, meglio se chiarificato, e il sale. Una ricetta che purtroppo non sempre è rispettata e – sostiene la Coldiretti – all’estero non è certo difficile trovare la cotoletta alla milanese realizzata con carne di pollo o di maiale o fritta nell’olio di semi. Praticamente ovunque – continua la Coldiretti – è poi diffusa la tipica caprese servita con formaggio industriale al posto della mozzarella di bufala o del fiordilatte.

La carbonara – ricorda la Coldiretti – è stata addirittura oggetto di un recente scandalo in Francia dove è stata diffusa una video-ricetta delle farfalle alla carbonara con panna, uovo crudo, pancetta e pasta stracotta per quindici minuti che ha suscitato indignazione e pubbliche scuse. Ma non si tratta purtroppo di un caso isolato. La tipica ricetta della pasta alla Norma – continua la Coldiretti – viene infatti spesso taroccata dalla sostituzione della immancabile ricotta salata con semplice formaggio grattugiato mentre il Tiramisù che è forse il più conosciuto dolce italiano all’estero viene spesso tradito nelle sue componenti caratteristiche, savoiardi, mascarpone e marsala.

Per non parlare poi della pizza che viene offerta nelle versioni più inimmaginabili, da quella hawaiana con l’ananas a quella di pollo. Aumenta anche l’offerta di piatti italiani “pronto uso” sugli scaffali dei supermercati all’estero, dove è possibile acquistare dal sugo liofilizzato per spaghetti alla bolognese ai tortellini, alle lasagne in lattina fino ad un fantomatico piatto all’italiana in barattolo fatto di polpette di carne e pastina da minestra, che farebbero inorridire qualsiasi consumatore del Belpaese.

“Dalla tutela delle ricette tipiche dipende molto del successo del prodotti Made in Italy sui mercati internazionali”, ha affermato il presidente della Coldiretti Roberto Moncalvo nel sottolineare che “l’Italia può contare su una risorsa importante poiché nel futuro ci saranno più di due cuochi per ogni operaio, con la crisi che ha cambiato profondamente le aspirazioni dei giovani e ha provocato il crollo delle iscrizioni agli istituti professionali a indirizzo industriale rispetto al boom delle scuole di enogastronomia e turismo, come dimostrano le iscrizioni all’alberghiero degli ultimi anni”.

Nella giungla del falso Made in Italy a tavola in vendita nelle principali capitali europee è alta la probabilità di trovare sullo scaffale, con nomi ed immagini e colori che richiamano l’Italia, la pasta di grano tenero, i formaggi ottenuti dalla polvere o il vino zuccherato vietati nel nostro Paese. “L’Unione Europea, anziché difendere le distintività territoriali, spinge verso un appiattimento verso il basso delle normative sotto il pressing delle multinazionali, per dare spazio a quei Paesi che non possono contare su una vera agricoltura e puntano su trucchi, espedienti e artifici della trasformazione industriale per poter essere presenti sul mercato del cibo”, ha affermato il presidente della Coldiretti Roberto Moncalvo nel denunciare “una concorrenza sleale che danneggia gli agricoltori italiani e i consumatori i quali trovano sul mercato prodotti di imitazione che non hanno certo le stesse caratteristiche degli originali”.

In Italia – sottolinea la Coldiretti – vige la storica “legge di purezza”, la numero 480 del 4 luglio del 1967 e successive modificazioni, che impone l’obbligo di produrre pasta esclusivamente con grano duro, difendendo dal rischio di trovarsi quella scotta nel piatto come accade spesso all’estero. Ma l’Unione Europea consente ai Paesi del Nord Europa di aumentare la gradazione del vino attraverso lo zuccheraggio che è sempre stato vietato nei Paesi del Mediterraneo e in Italia, dove la Coldiretti ha combattuto una battaglia per impedire il “trucco di cantina” e affermare definitivamente la definizione di vino quale prodotto interamente ottenuto dall’uva.

L’ultima storica battaglia l’Italia l’ha dovuta combattere per difendere la legge 138 del 11 aprile del 1974 che vieta l’utilizzo di polvere di latte per produrre formaggi, yogurt e latte alimentare ai caseifici situati sul territorio nazionale contro la quale la Commissione Ue aveva minacciato nel giugno del 2015 l’avvio della procedura di infrazione perché la legge italiana a tutela della qualità della produzioni rappresenta una restrizione alla “libera circolazione delle merci”, essendo la polvere di latte e il latte concentrato prodotti utilizzati in tutta Europa. Una battaglia che è stata vinta grazie alla mobilitazione della Coldiretti in Italia dove si continua a tener alta la qualità delle produzioni casearie, a differenza degli altri Paesi dell’Unione Europea dove si continuano a produrre e vendere formaggi senza latte, magari da “spacciare” come italiani ottenuti dalla polvere.

Il problema – continua la Coldiretti – riguarda anche il boom in Europa della produzione dei cosiddetti similgrana di bassa qualità, spesso venduti con nomi di fantasia che ingannano i consumatori sulla reale origine, che è prevalentemente di Repubblica Ceca, Ungheria, Polonia, Estonia e Lettonia. Una concorrenza sleale nei confronti degli autentici Parmigiano Reggiano e Grana Padano che devono essere ottenuti nel rispetto di rigidi disciplinari di produzione.

Una tendenza che è degenerata in alcuni Paesi dove sono stati messi addirittura sul mercato kit per la produzione casalinga dei formaggi italiani. Si tratta di confezioni per la produzione di Parmigiano o Romano venduti da una ditta inglese a circa 120 euro mentre quelle per la Mozzarella Cheese costano circa 30 euro. Nei kit in vendita per i due prestigiosi formaggi a pasta dura è contenuta però anche una piccola pressa da formaggi. Si possono lavorare, con gli ingredienti a disposizione, circa 8 litri di latte per volta e, complessivamente, 40 litri di latte. “La mozzarella – si legge nelle istruzioni – non è il formaggio più facile da fare e richiede un po’ di pratica per perfezionare l’operazione di estensione della cagliata. Se i vostri primi due tentativi sono deludenti – si puntualizza – non fatevi scoraggiare. Sarete ricompensati”.

Nell’Unione Europea circolano anche – conclude la Coldiretti – oltre venti milioni di bottiglie di pseudo vino ottenuto da polveri miracolose contenute in wine kit che promettono in pochi giorni di ottenere le etichette piu’ prestigiose come Chianti, Valpolicella, Frascati, Primitivo, Gewurztraminer, Barolo, Lambrusco o Montepulciano. Dopo la diffusione in Nordamerica, i wine kit sono arrivati anche in molti Paesi dell’Unione Europea dove si possono acquistare via internet o in molti negozi nonostante il fatto che – denuncia la Coldiretti – in base alla normativa europea non è possibile aggiungere acqua nel vino o nei mosti. Invece dalla Gran Bretagna alla Svezia con una spesa compresa tra i 30 e i 40 euro per un kit da 30 bottiglie è possibile realizzare a casa un processo che promette anche in 5 giorni di produrre di vini delle più note denominazioni.

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