Biomasse e comuni virtuosi

Biomasse e comuni virtuosi

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no-biomasseGiuliano Serioli, di Rete Ambiente Parma, ci spiega perché secondo l’associazione le biomasse non sarebbero così a impatto zero come si crede.

“La combustione di biomasse produce emissioni nocive ed emissioni di CO2 ma, in quanto fonti rinnovabili, si dice siano a saldo zero, tali da emettere in atmosfera la stessa CO2 catturata durante la crescita.

Per la combustione di legna, cippato e pellet non è la verità.

La legna, se proviene dall’estero, è prodotta dagli scarti dei tagli della foresta pluviale che ogni anno viene rimaneggiata. Un disastro ecologico proprio dal punto di vista della mancata cattura di CO2.

Se proviene dai nostri boschi cedui, si deve considerare che se non si perde superficie boschiva, si perde quella fogliare che impiega circa 3 anni a raggiungere la stessa capacità di cattura della CO2 di prima.

Non solo, il taglio industriale meccanizzato, che ha sostituito del tutto quello artigianale dei vecchi boscaioli, smuove il terreno ed il carbonio in esso contenuto da secoli, ributtandolo in aria, nell’atmosfera.

Quantificarlo come saldo zero è assurdo oltre che ridicolo.

Per la combustione di olio di colza o olio di palma, fonti rinnovabili, c’è lo stesso problema del mancato saldo zero di emissioni di CO2.

Intere foreste vengono tagliate per far posto a tali coltivazioni, la cui superficie fogliare è nettamente inferiore alla capacità di cattura delle foreste tagliate.

Per la combustione di grasso animale che sta sostituendo la colza, diventata troppo cara per l’aumento della domanda di mercato e anch’esso fonte rinnovabile, si pone sempre il problema del mancato saldo zero.

Se dagli scarti di macellazione animale si sottrae grasso da bruciare, con emissioni di CO2, si dovrà accrescere la produzione animale o la sua importazione dall’estero per compensare il loro mancato utilizzo nell’industria del pet e della cosmetica, e quindi con ulteriore emissioni di CO2.

Le emissioni nocive della cogenerazione di biomasse sono inversamente proporzionali alla potenza degli impianti stessi. Più un impianto è piccolo, più inquina.

Non avendo gli stessi numeri e valori di spesa di quelli grandi, non ha nemmeno filtri capaci ma solo cicloni per far precipitare solo le ceneri volanti.

Il problema emissivo è già però grave per i grandi impianti, perchè il benzopirene non può essere fermato dai filtri. I suoi valori  sono già oltre i massimi in Trentino ed Alto Adige. Gli amministratori che hanno promosso quegli impianti non sanno più che fare.

In sostanza le biomasse, su cui oggi il governo punta, sono si fonti rinnovabili ma per niente a saldo zero. La loro combustione in cogeneratori produce emissioni nocive.

Tali impianti sono tanto più nocivi quanto più sono piccoli e numerosi, soprattutto in una Pianura Padana già gravata da polveri sottili e che deve già sopportare l’inquinamento da ossidi di azoto di un migliaio di centrali a biogas, simili a funghi velenosi che spuntano un pò dappertutto.

In tutti i PAES dei cosiddetti “comuni virtuosi” c’è il progetto di impiantare cogeneratori condominali ed aziendali sia a cippato che a grasso animale.

Una follia dal punto di vista del saldo zero di CO2, ma soprattutto dell’inquinamento dell’atmosfera del nostro territorio”.

 

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