“Massimo Listri. L’occhio felice” è il titolo della mostra che la Fondazione Franco Maria Ricci ospiterà al Labirinto della Masone dal 17 aprile al 5 giugno 2016. Ma i fortunati invitati all’inaugurazione, sabato 16 alle 18.30, potranno ammirarla in anteprima. Sessanta opere tra le più belle ed emblematiche della ricerca di un acclamato fotografo d’interni e arte, nel suo campo uno dei migliori del mondo. Era nella logica delle cose che Massimo Listri e Franco Maria Ricci dovessero tornare ad incrociare i loro percorsi professionali proprio al Labirinto della Masone, il mirabile dedalo dedicato alla bellezza e al sapere che Ricci ha realizzato a Fontanellato per mantenere fede, si dice, a una promessa fatta molti anni fa all’appassionato di labirinti più eminente del ‘900, Jorge Luis Borges.
A molti anni fa risale anche l’inizio del sodalizio tra il fotografo fiorentino e l’editore di FMR, la rivista più bella del mondo, una testata di quelle che segnano lo stile di un’epoca. Nel 1981, l’anno del loro incontro, Ricci stava proprio definendo il suo progetto editoriale, mentre Listri, non ancora trentenne, si stava facendo conoscere per una serie di ritratti in bianco e nero di figure cruciali della cultura del XX secolo: Borges, Renè Clair, Montale, Pasolini, Zeri, immagini straordinarie che non erano passate inosservate. Nella carriera di Massimo Listri c’e un prima e un dopo: prima e dopo FMR . L’avvio della collaborazione con l’editore dal gusto eccelso segna una svolta nella sua ricerca, da quel momento la figura umana scompare dai suoi scatti ed egli comincia a comporre la preziosa galleria di ritratti d’interni per cui è universalmente noto.
In oltre tre decenni di carriera ha perlustrato il mondo divenendo un globetrotter impegnato nell’instancabile ricerca dei giacimenti del gusto e della cultura. Ricognitore della bellezza, ha usato la fotografia per riportare alla luce la magnificenza di apparati decorativi abbandonati all’oblio dall’avvento di nuovi orientamenti estetici o dall’inaccessibilità degli edifici che li custodiscono. Ha, però, anche dimostrato la nostra incapacità di cogliere il fulgore dei luoghi della vita quotidiana, perché l’intensità della visione non è cosa da tutti, ci vuole un artista, scrive Giorgio Antei nel testo in catalogo. Ci vuole l’occhio felice capace di vedere oltre, restituirci l’essenza di un luogo attraverso scatti fotografici composti secondo il codice dell’eleganza, dell’armonia, della proporzione e della simmetria.
La mostra curata da Laura Casalis e Giorgio Antei per la Fondazione Franco Maria Ricci è articolata per temi e accosta scatti storici, ben noti agli appassionati, a opere del tutto inedite.
Palazzi e Musei
Palazzi e musei, i luoghi del fasto e del potere e gli scrigni architettonici progettati per raccogliere le collezioni d’arte. Il racconto della fotografia di Massimo Listri è introdotto da una sala compendio dei soggetti emblematici della sua ricerca. Qui, imbrigliate in prospettive perfette, si snodano le pagine di un atlante che illustra la geografia prediletta da Listri, quella della cultura: La Venaria Reale, Il Quirinale, Il Palazzo Reale di Napoli e la Reggia di Caserta, Palazzo di Queluz in Portogallo e Palazzo Ostankino a Mosca. E poi Gli Uffizi e il Museo degli Argenti a Firenze, I Musei Capitolini di Roma, il Kunsthistorisches di Vienna e il Jacquemart-Andrè di Parigi
La poesia dell’abbandono
Meno note, ma intensamente poetiche le immagini che occupano la terza sala: spazi vuoti, ambienti delabrés, cappelle abbandonate, i sottotetti o le zone private dei palazzi di rappresentanza.
Musei Vaticani
Nel 2014 Listri è stato il primo artista contemporaneo chiamato ad esporre all’interno dei Musei Vaticani. La mostra metteva in posa un’ala dei Musei Vaticani, il Museo Pio Clementino, restituendoci in tutta la sua grazia il contenitore settecentesco della superba collezione papale di marmi antichi. In sintesi, avendo constatato che quel luogo sublime si era andato trasformando nel corridoio di transito veloce per le truppe d’assalto turistico dirette in Sistina, Antonio Paolucci, direttore dei Musei Vaticani e curatore della mostra, era corso ai ripari chiedendo l’intervento del fotografo d’interni capace di ridare la vista ai ciechi della bellezza. Le gigantografie degli ambienti che ospitano il Laocoonte, l’Apollo di Prassitele, l’Arianna addormentata, l’Hermes del Belvedere e tanti altri capolavori della statuaria greco-romana sono protagonisti della terza sezione della mostra.
Fisiognomica
L’unica incursione della figura umana ammessa nella fotografia di Listri è quella mediata dalla scultura. Tra i numerosi volti di statue ritratti già a partire dai primi anni ‘80 vi sono alcune delle sue prove più suggestive. Non sorprende pertanto che un’intera sala della mostra sia stata dedicata a questo aspetto della sua ricerca. In esposizione alcuni degli scatti dedicati alla scultura di Adolfo Wildt, artista più vicino al nostro che al suo tempo, a lungo incompreso e dimenticato e alla cui riscoperta il duo Ricci- Listri ha offerto un contributo importante. L’incredibile repertorio di smorfie che caratterizza le charakterköpfe di Franz Xaver Messerschmidt, opere tra le più misteriose e affascinanti del XVIII secolo, trova in Listri il suo migliore interprete. Sono anche presenti alcuni inediti scatti di sculture di età romana imperiale, dotazione del Museo Gregoriano Profano dei Musei Vaticani
Biblioteche
Si chiude con le Biblioteche, tra le serie di interni firmate da Listri forse la più amata dai collezionisti di tutto il mondo. Il viaggio di Listri in un universo in cui ogni spazio è occupato da libri desta immancabilmente la commossa meraviglia dell’osservatore. Che si tratti dell’Apostolica Vaticana, della Marciana di Venezia, del Ricetto michelangiolesco della Laurenziana di Firenze, delle biblioteche dell’Abbazzia di Kemsmunster in Austria, dei Gerolamini a Napoli, della Palatina di Parma, della Pierpont Morgan a New York, della biblioteca di Mafra in Portogallo o dell’Archivio delle Indie di Siviglia il tema è chiaro: questi scatti in cui la figura umana è assente sono un’umanistica celebrazione dell’uomo e della sua cultura.