Confindustria, da Parma il via al nuovo corso dell’impresa. Squinzi: basta con...

Confindustria, da Parma il via al nuovo corso dell’impresa. Squinzi: basta con le liturgie del passato

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Giorgio SquinziChiudere con liturgie del passato, ottimismo sul futuro. Si è conclusa così l’assemblea biennale di Confindustria, “Imprenditori, geni dello sviluppo”, che a Parma ha sancito l’ideale passaggio del testimone tra il presidente Giorgio Squinzi e il successore designato Vincenzo Boccia, entrambi presenti alla due giorni di lavoro alle Fiere di Parma insieme a centinaia di industriali arrivati da ogni parte d’Italia.

Il dato di partenza per gli industriali è chiaro: nulla sarà più come prima. La crisi che sembra volgere al termine segna di fatto l’inizio di una nuova rivoluzione industriale, da affrontare su piani completamente diversi rispetto al passato. Squinzi, chiudendo i lavori, ha ribadito che serve il massimo impegno sul fronte “della ricerca, dell’innovazione e della creatività”. Salutato da una standing ovation durata diversi minuti, durante la quale il presidente non ha potuto nascondere la commozione, Squinzi ha manifestato il proprio rammarico per non essere riuscito sotto la sua presidenza a convincere “coloro che si occupano di sindacato dell’opportunità di riflettere sui nuovi temi dell’azione negoziale che devono essere strettamente collegati alle prospettive e alla configurazione delle fabbriche del futuro”. E Boccia dovrà quindi proseguire il “confronto che dovrà portare fuori dalle liturgie del secolo scorso”.

Per ritornare ai livelli che competono a un Paese come l’Italia, ha poi detto il presidente Squinzi, servono vere riforme. E il leader uscente degli industriali ha comunque riconosciuto al governo Renzi l’impegno in questa direzione. Anche se molto resta ancora da fare e bisogna assolutamente evitare che “la decisione politica venga rallentata, se non mortificata, dalla sovrapposizione burocratica dei regolamenti attuativi”. Bisogna inoltre sburocratizzare, rendere il fisco meno opprimente, programmare per tempo la politica economica perché si sappia chiaramente in quale direzione si vuole andare. Tutto questo è mancato e si è fatto sentire, ha sottolineato Squinzi, soprattutto durante gli anni bui della crisi, quando le industrie hanno tenuto “anche per merito di quel capitalismo familiare troppo spesso messo ingiustamente sotto accusa».

Sul prossimo futuro, Squinzi è stato chiaro: la ripresa è iniziata, ma “il cammino probabilmente è ancora in salita”. Non c’è da farsi illusioni. E le prime conseguenze di quella che si configura già come una nuova rivoluzione industriale, saranno per il mercato del lavoro. Squinzi annuncia chiaramente che ci sarà “una forte riduzione della componente del lavoro fisico, sostituita dalla nuova componente ad alta intensità di conoscenza”. Formazione, dunque, ma non solo. Le sfide vanno affrontate a tutto tondo e l’invito agli industriali è ad impegnarsi “a fare sempre più grandi le nostre imprese e il nostro Paese”.

Ma alle Fiere di Parma, nel corso dei lavori, sono stati numerosi gli interventi che hanno in qualche modo tracciato quello che dovrà essere il futuro della macchina produttiva italiana. Il presidente regionale di Confindustria, Maurizio Marchesini, ha chiesto nuova vita per l’associazione degli industriali, perché diventi sempre più “organizzazione di imprese e non solo di imprenditori”, per contribuire meglio anche a combattere quella “cultura antimpresa, che è dura a morire” e che ancora oggi vive sul dualismo lavoratore-padrone.

Emma Marcegaglia, già a capo di Confindustria e ora al vertice dell’organizzazione industriale europea BusinessEurope, parla di Squinzi come di “un ottimo presidente”, ma sottolinea che Confindustria “va cambiata e modificata” anche se è ancora punto di riferimento nel Paese. Sul futuro, la Marcegaglia lancia una proposta interessante: “Abbiamo un problema vero di produttività di lavoro, dobbiamo pensae a uno scambio tra salario e produttività a livello aziendale”. Per affrontare le sfide future, inoltre, è necessario ricorrere alla collaborazione, alle reti d’impresa, cosa non sempre facile in Italia.

Ma il cambio di marcia è possibile anche grazie ai cambi generazionali che portato aria nuova nell’impresa. Il 52,4% degli imprenditori, secondo il Centro studi di Confindustria, sono arrivati da poco al timone delle aziende e molti di loro prima erano dipendenti. E continuano a lievitare anche le imprese di prima generazione, che attualmente rappresentano il 41,2% del totale. Dai diversi interventi che si sono poi succeduti durante i lavori, è emerso comunque ottimismo per il futuro. E la fiducia è soprattutto nelle start up che avvicinano l’innovazione a tutto il mondo imprenditoriale.

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