Arresti e denunce in stato di libertà a Parma e Reggio Emilia con l’accusa di associazione a delinquere finalizzata alla truffa ai danni del servizio sanitario nazionale e al falso materiale. Questo il bilancio dell’operazione ribattezzata ‘DiaLbolik’ condotta, dalle prime ore del mattino, dai Carabinieri del Nas di Parma insieme agli uomini dell’Arma territoriale al Dialcenter di Fornovo. Nel dettaglio, spiega una nota, i militari hanno dato esecuzione a due ordinanze di custodia cautelare emesse dal Gip del Tribunale di Parma, a una misura di divieto temporaneo di esercizio della professione medica, a sette decreti di perquisizione domiciliare e a un decreto di sequestro penale preventivo.
Una storia che lascia l’amaro in bocca perchè si specula su persone che devono sottoporsi a dialisi e quindi gravemente malate. I fatti ricostruiti con dovizia di particolari dal comandante dei Nas di Parma Angelo Balletta riguardano un inchiesta iniziata nel 2014 e terminata nel 2015. Un’indagine dapprima svolta sui documenti, poi intensificata con l’utilizzo di strumentazione tecnica tipo intercettazioni telefoniche.
Già dai documenti si evinceva che il centro privato di Fornovo (uno dei pochi in Emilia) convenzionato con l’Asl per effettuare le dialisi, ne faceva un numero, rispetto ai pazienti in carico e agli infermieri in servizio, assolutamente esagerato. Le prestazioni extra, autorizzate dal medico del centro, una dottoressa residente a Reggio Emilia (interdetto dalla professione per 12 mesi), sono 413 per un controvalore unitario di 144 euro ed un totale di 60 mila euro.
Vi erano delle schede di pazienti (artefatte) che indicavano addirittura dialisi tutti i giorni quando si sa che questo tipo di cura viene somministrata a giorni alterni. Le indagini coordinate dal pm Giuseppe Amara ed effettuate dal Nas hanno così portato a due arresti per associazione a delinquere e falso in materiale. Ai domiciliari sono finiti il responsabile del centro dialisi, Gianpiero Longinotti, e l’infermiera Manuela Lavezzini, che gestiva l’attività della struttura. Il medico che autorizzava la dialisi, invece, è stato interdetto dalla professione per un anno.
Poi vi sono altri quattro indagati, persone che nel tempo hanno lavorato nella struttura che è stata perquisita insieme ad altre sei strutture dove sono state raccolte prove.
Da segnalare che i 60 mila euro di rimborsi percepiti illecitamente per le analisi fantasma, sono state trovate sui conti della società.
LA POSIZIONE DELL’AUSL DI PARMA
A seguito degli arresti e delle misure cautelari decise dalla magistratura nei confronti del personale di un centro dialisi privato convenzionato, l’Azienda Usl di Parma, con una nota, “intende innanzitutto assicurare i propri assistiti dializzati che nel periodo oggetto d’indagine non sono mai venute meno le garanzie di tutela della loro salute, e che le prestazioni fornite hanno sempre rispettato i livelli di qualità clinico-assistenziale previsti. L’attività del centro dialisi privato convenzionato, oggetto dei provvedimenti della magistratura, è integrata nel sistema dialisi provinciale: un insieme di attività consolidate che da anni garantisce prestazioni di qualità, in assoluta sicurezza e con volumi elevati. Sono oltre 40mila le dialisi eseguite ogni anno a livello provinciale, di cui circa 2.400 quelle del centro privato interessato. Intanto, l’Azienda si è fatta carico di garantire la continuità assistenziale per i pazienti seguiti dal centro privato, e procederà tempestivamente a contattarli per concordare con loro una differente collocazione presso un’altra struttura di dialisi della rete pubblica provinciale. L’Azienda Usl si riserva infine di agire nelle sedi opportune a propria tutela”.