Stato di salute del pianeta

Stato di salute del pianeta

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Dello stato di salute del pianeta si ricordano ogni tanto le istituzioni. Compito dei media, poi, suonare la grancassa della retorica. Da Kyoto al Cop 21 di Parigi, un susseguirsi di proclami dei quali l’assetto industriale bellamente se ne infischia. L’ideologia liberista che guida la finanza del mondo ha ben altro a cui pensare. Ad esempio la bolla del debito che si sta gonfiando. Debiti degli stati per salvare banche, cui sommare debiti delle aziende e dei consumatori.

Se i 4/5 della ricchezza vanno ad 1/5 della popolazione, tutti gli altri possono comprare solo di che sopravvivere. Ma i soldi veri di quel quinto vanno solo al 10% della popolazione, l’altro 90% può comprare solo a rate, indebitandosi. Mutui con cui le banche creano denaro dal denaro, ma anche insolvenze e debiti inesigibili. Una bolla che crea deflazione, depressione e blocco degli investimenti.  Per un futuro a tinte fosche. Un futuro di guerra. Quasi che la spada di Damocle del cambiamento climatico non sia già sufficiente preoccupazione. Si sta incrementando follemente l’antropizzazione del pianeta, come se le risorse naturali fossero infinite. Così le considera l’apparato industriale: risorse infinite e gratuite. Gratis aria, acqua e suolo.

L’avvelenamento dell’aria da polveri lo paghiamo noi col costo della sanità. Siamo sempre noi a pagare l’inquinamento dell’acqua da scarichi industriali e allevamenti. In bolletta il costo della depurazione è ormai pari a quello dell’acqua stessa. Il rimaneggiamento del suolo agricolo per la cementificazione ci costa alluvioni e allagamenti nelle città. Paghiamo tutto noi, senza alcun vantaggio, solo veleni, sovraffollamento e guerra. Dicono che l’energia da fonti rinnovabili ci salverà, ma è già diventata green economy, speculazione anche questa. All’apparato industriale se ne aggiunto un altro, quello dei cogeneratori a biomassa che bruciano legna ed olio. Quella biomassa proviene dal taglio delle foreste pluviali per creare piantagioni di colza e palme da cui ricavare olio. Ma pazienza, dicono, tanto il saldo è zero. Una stupida menzogna.

Oltre a quel verde tagliato che non cattura più CO2, la deforestazione butta in aria il carbonio stivato nel suolo che è molto di più. Quei combustori di biomassa sono qui da noi, in Europa, e le loro emissioni si sommano a quelle dell’industria. E con quali criteri le istituzioni fissano le normative per quelle emissioni? Saranno criteri compatibili con l’economicità del processo industriale o compatibili con la salute della gente? La risposta è nella cappa di polveri sottili che copre le aree industriali d’Europa e della fabbrica-mondo che è ormai la Cina. E’ nelle normative tedesche che sono 3 volte più stringenti delle nostre.

E com’è lo stato di salute del nostro cortile? Della Pianura Padana?

Ad inizio anno i giornali hanno pubblicato un dato statistico preoccupante, un picco di mortalità nel 2015 superiore dell’11,3% a quella del 2014. Una crescita paragonabile solo agli anni delle due guerre mondiali. Il dato è nazionale, ma è altamente presumibile che si riferisca alla parte più inquinata, la Pianura Padana. Quello che colpisce è la quantità di sforamenti dai 50 microgrammi di PM 10, di polveri sottili. Tutta la Pianura ne è costellata. Polveri di cui 1/3 deriva dal traffico veicolare e dall’industria, 1/3 dalla combustione domestica di legna ed 1/3 dalla ricombinazione secondaria in aria dell’azoto degli allevamenti zootecnici industriali. Azoto derivato dall’ammoniaca degli spandimenti di letame.

Senza contare le emissioni nocive di circa un migliaio di centrali a biogas (500 solo in Lombardia), alimentate principalmente con mangimi vegetali da coltivazioni dedicate.
Complessivamente, la bellezza di 40 miliardi di N/m3, tra cui, oltre alle polveri, ossidi di azoto, ossidi di metalli, benzopirene, diossina. Chi produce eccellenze alimentari in questa valle continua a far finta di niente.

Noi continuiamo nel nostro ruolo di Cassandre. Per dire dell’urgenza di rinunciare alla combustione di biomasse, ai cogeneratori delle centrali a biogas, producendo solo biometano, proveniente dallo strippaggio dell’ammoniaca, risolvendo così l’inquinamento delle falde acquifere e la formazione di particolato secondario da azoto ammoniacale.

Giuliano Serioli
Rete Ambiente Parma

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