Omicidio Gobbi, Infante condannato all’ergastolo

Omicidio Gobbi, Infante condannato all’ergastolo

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Ergastolo. La Corte d’assise di Mantova ha scritto il primo verdetto per l’omicidio di Giorgio Gobbi il 4 dicembre del 2014. Roberto Infante, il 51enne di Boretto, accusato di aver aiutato Bonazzoli a trasportare il cadavere fino a Parma, dovrà scontare la pena a vita. E’ la sentenza di primo grado e sicuramente la difesa ricorrerà in appello. Infante, artigiano edile, è stato l’unico a scegliere il rito ordinario, pesando probabilmente in un esito ben diverso.

Per il 22 aprile, sempre in corte d’assise a Mantova, è fissata invece l’udienza per gli altri imputati, Luciano Bonazzoli, 48 anni, cognato della vittima, che ha confessato il delitto, e un altro complice Edo Dolci, 50 anni di Marmirolo (Mantova). Entrambi hanno scelto il rito abbreviato. Il pubblico ministero Silvia Bertuzzi al termine della sua requisitoria per Bonazzoli – accusato di omicidio volontario premeditato, detenzione e porto abusivo d’arma da fuoco e occultamento di cadave – proprio in virtù del rito abbreviato, ha chiesto la condanna a 20 anni di reclusione, mentre per Doldi, ritenuto responsabile solo di essersi disfatto del fucile, facendolo a pezzi e gettandolo in un corso d’acqua di Porto Mantovano, una pena di 4 anni e 4 mesi.

Bonazzoli, 48 anni, originario di Gottolengo, nel bresciano, è accusato di aver assassinato il 4 dicembre del 2014 il 43enne Giorgio Gobbi, suo cognato, nell’azienda Luma di Viadana. Per sviare le indagini, il cadavere dell’uomo venne poi trasportato a Parma, dove è stato rinvenuto il giorno seguente nel baule della sua Range Rover lasciata nel parcheggio del Centro Torri.

Secondo la ricostruzione dell’accusa, Bonazzoli avrebbe dato appuntamento al cognato nella sua azienda per la restituzione di gioielli e orologi per un valore di circa 150mila euro, che in realtà l’uomo aveva venduto per la sua passione per il gioco. Bonazzoli avrebbe temuto pesanti conseguenze da parte del cognato, ritenuto vicino ad ambienti della ‘ndrangheta. Così ha pensato di chiudere il conto con due fucilate a bruciapelo.

La compagna della vittima, Alina Vasilica Motogna, che si è costituita parte civile, ha chiesto 320mila euro di risarcimento e la restituzione dei gioielli che erano di proprietà di Gobbi. La sentenza della Corte d’Assise dovrebbe arrivare il prossimo 22 aprile.

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