Il Movimento 5 Stelle di Parma parte all’attacco del Pd e tira in ballo i parlamentari parmigiani Giuseppe Romanini, Patrizia Maestri e Giorgio Pagliari. Motivo? Perché rendano pubblico il costo della loro candidatura nella fila del Partito democratico a Parma. Tutto parte da una denuncia pubblica del senatore Corradino Mineo, ex Pd. Ma i democratici non ci stanno e passano al contrattacco, mentre si riservano di adire le vie legali.
Ecco il testo della nota diffusa dai 5 Stelle di Parma:
Corradino Mineo, ex senatore PD, ha pubblicamente denunciato che, “per essere stato inserito in posizione utile in lista” (capolista in Sicilia) alle elezioni politiche del 2013, gli è stato richiesto con lettera formale dal tesoriere PD un contributo “una tantum” di 25.000 Euro. Soldi che Mineo si è rifiutato di pagare anche perché già versava, come altri parlamentari, 1500 euro al mese “per le spese del partito”. “Una richiesta oscena” – ha protestato – “Chiedetemi un contributo se necessario ma non fatemi passare per uno che ha comprato il seggio”. Il Fatto Quotidiano ha infatti parlato di vera e propria compravendita dei seggi, ma l’ex tesoriere PD Antonio Misiani parla di notizie destituite di fondamento: “É stato solo chiesto ai candidati di dare una mano”. In effetti, parlando in termini commerciali, non si è trattato di una vera “prevendita” ma di una formula del tipo “prendi oggi” (il seggio) e, se soddisfatto (eletto) paghi dopo, anche con comode rate. Naturalmente il prezzo non era uguale per tutti: più elevato in platea per chi era in “posizione utile”, a cominciare dai capilista ad elezione sicura, e via via scendendo, in galleria, fino ai prezzi stracciati per chi era collocato nel loggione del porcellum. Mineo racconta della Sicilia: ma da noi com’è andata? Ebbene, coi dati forniti da Mineo siamo in grado di stimare, ipotizzando un sistema uniforme a livello nazionale, quella che potrebbe essere stata la quotazione dei seggi dei parlamentari PD parmensi: Maestri, Pagliari e Romanini.
Cominciamo per anzianità, dal Senato. Giorgio Pagliari, sesto in lista su 13 senatori eletti, dovrebbe essersi visto presentare un conto di circa 13-15000 Euro. Di primo acchito sembrano un tot, ma un principe del foro come lui con un paio di cause di quelle buone se la cava. Più ardua la posizione di Patrizia Maestri: ottava in lista su 28 eletti, la sua quotazione si situa nel terzo superiore della gamma: sempre calcolando 25000 Euro il “dazio” per Franceschini capolista (non sappiamo se in qualità di Ministro abbia dovuto pagare un extra) la Maestri dovrebbe aver ricevuto una “nota pro-forma” di non meno di 15000 Euro, che per una sindacalista (mestiere ante parlamento) non sono pochi….ma in una legislatura, risparmiando qua e là, ce la si può fare. Il più fortunato, dal punto di vista economico, potrebbe essere stato Giuseppe Romanini: primo dei non eletti è entrato alla Camera nel 2014 al posto della Kyenge, mandata a Bruxelles a furor di popolo. Se, come si vocifera, la “tariffa” era già stata pagata dall’ex Ministra, Romanini si è visto recapitare gratis un biglietto last minute, una sorta di gratta e vinci “turista per sempre”.
Questa però è ormai acqua passata: pare che nel PD siano già aperte le contrattazioni per fissare le quote per i seggi alle amministrative, che rispetto alle previsioni dovrebbero lievitare leggermente: ci sono infatti da recuperare gli euro investiti a Napoli per trombare Bassolino.
LA REPLICA DEL PD
“Le frasi scritte dai rappresentanti del M5S sono talmente ignobili che non meriterebbero nemmeno una risposta, ma ci pare importante chiarire una cosa nei confronti dei cittadini: ogni singola azione nel Pd viene fatta alla luce del sole e nel pieno rispetto delle regole nazionali e regionali, non c’è nessuno scoop riguardo al contributo volontario chiesto agli eletti che non ha alcun collegamento con la scelta dei candidati ma serve a finanziare le attività del partito”. A scendere in campo è il segretario provinciale del Pd Gianpaolo Serpagli, che rilancia: “Il sostegno economico dei parlamentari al Partito democratico, che è un partito vero, fatto di cittadini, di circoli nei comuni e nei quartieri, appartiene ad una storia e ad una tradizione democratica comune ai grandi partiti popolari che i 5stelle non possono capire”.
I tre parlamentari parmigiani – Giuseppe Romanini, Patrizia Maestri e Giorgio Pagliari – intanto stanno valutando anche l’ipotesi di adire le vie legali. “Nelle primarie del 30 dicembre 2013 hanno votato oltre 11mila persone in carne e ossa e sono state espresse più di 20mila preferenze in 73 seggi sparsi per tutta la provincia – ricorda il segretario Pd, Serpagli -. Sulla base di questi numeri, e non di altro, i cittadini di Parma e provincia hanno deciso i candidati Pd al Parlamento: 5.622 preferenze sono andate a Patrizia Maestri, 4.529 a Giorgio Pagliari, 4.166 a Giuseppe Romanini, persone scelte in maniera democratica e trasparente, che stanno rappresentando Parma nel modo migliore”.
E il segretario del Pd rincara la dose: “i nostri bilanci non solo sono pubblici ma anche certificati da un ente esterno, ci chiediamo come venga sostenuto il lavoro politico dei grillini e come possa parlare di democrazia il gruppo consigliare del M5S di Parma. Un movimento in cui l’ultimo consigliere entrato ha avuto il posto con ben 21 preferenze; dove chi non è d’accordo con la linea viene prima sbeffeggiato e poi espulso; dove le cose da fare vengono imposte al di fuori della città da capi e padroni. Da chi accetta e applica questo sistema non accettiamo lezioni di democrazia, il Partito democratico è un’altra cosa e continuerà ad esserlo”.