2 marzo 2006, ore 20. Una data che Parma non dimentica e che ha un po’ cambiato la storia della città. Il piccolo Tommaso Onofri, 17 mesi, febbricitante, viene strappato dalle braccia di mamma Paola Pellinghelli da due balordi mascherati e non tornerà più a casa. Teatro di quella che 40 minuti dopo si tramuterà in una tragedia ancor più grave, la casa di Casalbaroncolo della famiglia di Paolo Onofri. Dove padre, madre e l’altro figlio allora piccolo, sono rimasti legati con del nastro adesivo.
Un sequestro a scopo di estorsione. Per far soldi. Ma quando non si a che fare con professionisti del crimine, ma solo con delinquenti di bassa lega non si sa mai come potrà andare a finire. Infatti sono bastati qualche sirena e due lampeggianti in lontananza per far tremare le vene ai polsi dei balordi che avevano portato via il piccolo. Tanto basta per uccidere il piccolino a sangue freddo – colpito alla testa con un attrezzo da lavoro – in un anfratto di via del Traglione, a pochi metri dall’Enza.
C’è voluto un mese pieno di ricerche, di battute in ogni campo e in tutti i casolari. Fino in provincia dove sembrava che il bambino doversse essere condotto in attesa del pagamento del riscatto. Un mese di appelli – il piccolo aveva assoluto bisogno di una medicina per combattere una malattia che lo affliggeva – ma nessuno ha mai risposto. La mancanza di richieste di riscatto, il mancato acquisto nelle farmacie di quel farmaco: due elementi che hanno fatto venire i brividi ai carabinieri che seguivano il caso.
Ma è stato un piccolo errore a portare gli investigatori sulla pista giusta. Una piccola impronta rimasta sul nastro adesivo usato dai rapitori per immobilizzare la famiglia Onofri e rinvenuta il 23 marzo dal Ris dopo diversi sopralluoghi nel casolare. E’ quella di Salvatore Raimondi. Non ci sono dubbi. Da quel momento i tasselli cominciano a comporre il puzzle, fino al 1 aprile quando all’alba Raimondi viene portato in strada delle Fonderie, in un’altra stanza c’è Mario Alessi. Poi arriverà anche la compagna del manovale, Antonella Conserva.
Una lunga giornata di interrogatori, poi inizia il rimpallo di responsabilità tra i due uomini e la connfessione che porta i carabinieri al luogo in cui si trovava il corpicino del piccolo Tommy. I tre finiranno in carcere, ma nessuno ha mai potuto stabilire con certezza – sospetti più o meno evidenti a parte – chi tra i due uomini ha colpito e soffocato Tommy.
Quei due rapitori – per la giustizia – sono Mario Alessi, manovale siciliano già noto per aver violentato una ragazza del suo paese, condannato all’ergastolo, e Salvatore Raimondi, un ex pugile di Parma, condannato a 20 anni con rito abbreviato. Antonella Conserva, che secondo l’accusa avrebbe avuto un ruolo nella pianificazione e gestione del sequestro, è stata condannata a 24 anni.
Dieci anni sono trascorsi da quei giorni e ora si comincia a parlare di sconti di pena e benefici. Possibili sì, ma il regolamento sembra difficilmente aggirabile. Mario Alessi, condannato all’ergastolo per sequestro di persona con morte “voluta” dell’ostaggio, potrebbe avere qualche beneficio dopo 26 anni di detenzione. La Conserva e Raimondi, condannati per sequestro di persona con morte “non voluta” dell’ostaggio a pene inferiori rispetto all’ergastolo, trascorsi 10 anni potrebbero chiedere di accedere al lavoro esterno al carcere. Termine che per loro maturerà il 2 aprile prossimo. Ma al momento non risultano richieste in tal senso.
Mamma Paola alla quale la vita è cambiata per sempre – e non solo quel 2 marzo di dieci anni fa (quasi certamente aggravato dallo stress di quelle vicende, colpito da un infarto che lo ha portato prima in coma irreversibile e poi alla morte, ha perso anche il marito Paolo) – vive col suo dolore e per quell’altro figlio, Sebastiano, adesso diventato grande.
Non odia, ma non perdona. Oggi chiede soltanto che tutti paghino il loro debito con la giustizia per quello che hanno fatto al suo piccolo Tommy.