Sibili, rumori di schiaffi, cadute a terra, lamenti. Fanno rabbrividire i suoni intercettati dalla Squadra Mobile che hanno reso una casa di riposo privata un incubo per i suoi ospiti.
La casa di riposo è Villa Alba, a San Pancrazio, da “elenco del telefono” snc facente capo a Neri Maria Teresa. A finire ai domiciliari la titolare, 31 anni, la sorella, 35enne, e la madre, 58enne.
Una delle donne, impegnata in ospedale in un corso di formazione, è scattata anche la denuncia per furto. Per tutte e tre le donne, ora ai domiciliari, l’ipotesi di reato è maltrattamenti aggravati nei confronti degli anziani. Ad aggravare la loro posizione, la presenza di bambini a loro riconducibili al momento delle violenze.
Il Pm Pensa aveva chiesto la custodia in carcere, ma il Gip Conti ha ritenuto sufficienti i domiciliari considerata la presenza di figli piccoli.
Le indagini sulla casa di riposo, aperta nel gennaio 2014, sono state avviate lo scorso maggio, a partire dalla denuncia di un ospite e delle violenze subite da lei e dalla sua compagna di stanza.
Violenze di ogni genere: dagli schiaffoni alle tirate di capelli, fino alle prevaricazioni fisiche: sponde nel letto alte per impedire agli anziani, tutti di età superiore ai 70 anni, di alzarsi, possibilità di andare in bagno solo quando “ho voglia di accompaganrti”.
Oltre alle violenze fisiche, anche quelle psicologiche: frasi come “tua sorella è morta farai la stessa fine”, offese ingiurie, negazione della possibilità di vedere i familiari, appuntamenti con le visite rimandati.
Fino alla goccia che ha fatto traboccare il vaso: un’anziana bisognosa di cure non accompagnata all’ospedale per non perdere “il cliente”.
E su altre circostanze si indaga, come le medicine somministrate in modo sbagliato, o in eccesso per tenere quiete le vittime. Ora la casa di riposo è stata chiusa, gli anziani riaffidati alle famiglie e spostati altrove.
In tutto le vittime stimate sono otto. Ultimo agghiacciante dettaglio…il tutto alla modica cifra di 1800 euro al mese.
Spi Cgil: anziani, raddoppiato il business per le case famiglia
Un anno fa chiedevamo: “perché per aprire un bar serve un patentino e per una casa famiglia no?”. In questi anni il business delle case famiglia per anziani è più che raddoppiato: nel 2007 a Parma erano 15, nel 2015 se ne contavano 34.
La cronaca di questa mattina ci riporta qualcosa di vergognoso. In una Casa Famiglia a Parma gli anziani venivano imprigionati e maltrattati; secondo il provvedimento della magistratura, persone che non avevano alcuna possibilità di difendersi venivano segregate, subivano percosse, minacce e offese.
Il primo pensiero è agli ospiti di questa casa famiglia e alla responsabilità istituzionale di prendersene, immediatamente, carico.
Da diversi anni lo SPI, ma spesso anche insieme agli altri sindacati dei pensionati, ha denunciato il crescere di una attività privata assistenziale con scarse norme da seguire.
Questo ci ha portato a sollecitare e poi condividere con il Comune di Parma un regolamento approvato con deliberazione del Consiglio Comunale il 30.6.2015, per dare regole certe alle case famiglia, per evitare che ci sia il far west su questo tema.
Ora, siamo stati informati che alcuni gestori di Case famiglia sono ricorsi al TAR contro questo nuovo regolamento che si prefissa una giusta esplicitazione della deliberazione della Giunta regionale n°564/2000. Complimenti!
Credo che questa città debba riflettere per come trattiamo gli anziani. Sullo spirito di dare servizi e non di pensare solo agli affari. Quindi chiedo al Comune di Parma di riprogettare il modello dei servizi agli anziani, riappropriandosi quel doveroso ruolo di programmazione e di offerta dei servizi. All’AUSL, per le proprie competenze, di attuare controlli adeguati e fare rispettare le leggi e il Regolamento in vigore. Bisogna superare questo senso di impotenza mentre la parte più fragile subisce questi soprusi.
Paolo Bertoletti
Segretario Generale
SPI CGIL Parma
Maestri: il Comune deve vigilare sulle case famiglia
Rabbia e indignazione per quanto successo in un luogo che dovrebbe essere di protezione e rispetto per le persone più deboli. Ma l’indignazione non basta, servono maggiori controlli e interventi concreti. Troppe volte abbiamo visto situazioni di questo tipo in tutto il paese: realtà dedicate ai soggetti più fragili come bambini e anziani che si trasformano in veri e propri lager. Una situazione inaccettabile su cui si deve intervenire in maniera forte e chiara. Esiste un regolamento, condiviso con le parti sociali e votato dal Consiglio Comunale lo scorso anno, che pone regole certe alle case famiglia ma, probabilmente, non è stato fatto abbastanza per farlo rispettare. Per questo chiedo al Comune di fare il massimo per garantire che fatti di questo tipo non accadano più.
Patrizia Maestri
Deputata del Partito democratico
FNP Cisl: sono mancati i controlli delle istituzioni
Fare la storia delle “Case Famiglia” sarebbe troppo lunga da raccontare. Nasce con una legge regionale carente soprattutto sul piano dei controlli relativi ad un servizio che doveva essere dedicato solo ad anziani autosufficienti. La CISL, insieme a CGIL e UIL, ha sempre richiesto garanzie rispetto ad un servizio destinato ad aumentare proprio per le caratteristiche demografiche della popolazione. Attraverso la contrattazione sociale, il sindacato pensionati, supportato comunque dalla Confederazione, ha agito sui diversi assessori per cercare di trovare una soluzione idonea al servizio da erogare. Con l’Assessore Rossi si è arrivati ad un accordo nel giugno scorso su un regolamento che prevedeva condizioni adeguate sia per la tipologia di anziani da seguire, sia per l’adeguatezza del personale adibito all’assistenza, sia per i controlli da effettuare da parte delle istituzioni (Comune e AUSL).
Nel caso di “Villa Alba” che cosa è mancato? Certamente i controlli delle Istituzioni… e non vogliamo entrare nel merito della singola questione, anche se, ovviamente, consideriamo l’episodio assolutamente vergognoso!
Non vogliamo nemmeno fare di tutta l’erba un fascio.
La CISL Pensionati ribadisce ciò che ha sempre detto da almeno dieci anni: ben venga una collaborazione tra pubblico e privato nell’erogazione dei servizi; non è certo più il tempo del “tutto a tutti” da parte delle istituzioni. Comunque è il servizio pubblico che deve tenere in mano il pallino; è il pubblico che definisce obiettivi del servizio e modi di erogarlo; è il pubblico che controlla che chi si accolla un servizio lo faccia senza contravvenire alle regole… Delegare non significa certo lasciare mano libera e far finta che nulla succeda o sia successo. Le persone serie non rifiutano le regole (il ricorso al TAR per bloccare un regolamento la dice lunga…); anzi le richiedono a garanzia del loro operato.
Un’ultima cosa che ha a che fare con questo argomento, ma anche con altri. La contrattazione sociale è importante. Proprio perché le organizzazioni sindacali rappresentano tante persone e si fanno portatrici di interessi generali con particolare attenzione alle fasce deboli della popolazione, invitiamo le istituzioni ad interloquire sistematicamente con esse con un atteggiamento positivo di ascolto e di scambio. Questo, purtroppo, non sempre succede come se un confronto rappresentasse solo una perdita di tempo; eppure, quando ciò è avvenuto, i risultati positivi si sono visti: probabilmente bastava agire per tempo e far rispettare un regolamento e “villa Alba” non sarebbe nemmeno nata!
Daniela Incerti
FNP CISL di Parma e Piacenza